Ruolo e coinvolgimento della famiglia nel trattamento dei disturbi alimentari
Divide et Impera: l’impatto del disturbo alimentare sulle relazioni interopersonali.

Perchè ci interessa osservare il disturbo alimentare dal punto di vista di come impatta sulla relazione con gli altri?
Perchè studiando il modo in cui i disturbi alimentari si mantengono nel tempo, ma soprattutto che nel tempo il disturbo sia così difficile da trattare, il rischio di cronicità è alto: si può guarire ma dura tanto, soprattutto perché si instaurano (una volta che i sintomi si sono manifestati) una serie di fattori di mantenimento e, tra questi fattori di mantenimento, ci sono anche il modo in cui le persone reagiscono intorno a chi soffre il disturbo (quindi le relazioni con gli altri sono uno dei livelli che fa sì che il disturbo alimentare si mantenga nel tempo).
Quindi, l’ambiente diventa un ambiente caratterizzato da ansia, comportamenti disfunzionali, crisi di rabbia, difficoltà di gestione nella relazione. Quindi, il DA diventa un “disturbatore” molto potente della vita familiare.
Perchè è così difficile avere a che fare con un disturbo alimentare in famiglia, cos’è che fa sì che il genitori inizi gradualmente ad avere dei comportamenti che intensificano e rafforzano la malattia?
Perché purtroppo il meccanismo col quale il disturbo si sviluppa è spesso un meccanismo molto subdolo. Si può rappresentare il disturbo alimentare con l’immagine della metafora della valanga: rispetto a qualche piccola caduta di neve dal lato della montagna, che potrebbe essere semplicemente un po’ di neve che scorre qua e là, da un momento all’altro la quantità di neve aumenta, aumenta tutta insieme e la valanga a volte sorprende anche i più abili alpinisti. Ed è quello che succede con il disturbo alimentare.
- Il disturbo alimentare attraversa una prima fase dove iniziano a presentarsi, per quella persona, delle abitudini che cambiano, qualche rituale rispetto al cibo/al corpo, delle preoccupazioni per il peso che però inizialmente sono un po’ compatibili con i normali aspetti/con la normale vita di relazione che hanno sempre fatto. Quindi, solitamente anche i genitori tendono a non dare peso ad alcuni comportamenti che si spera siano passeggeri o comunque tipici di quell’estate (e, di fatto, questo tipo di atteggiamento, non possiamo neanche considerarlo più di tanto scorretto oppure poco solerte nell’occuparsi dei propri figli: se pensiamo alla quantità di adolescenti che, per esempio in vista dell’estate, verbalizza di voler fare una dieta, oppure si lamenta di qualche parte del suo corpo, oppure per un periodo presta una maggiore attenzione alla sua alimentazione troviamo che questo avviene nel 90% delle adolescenti femmine soprattutto);
- quello che invece succede nelle persone che si ammalano di un disturbo alimentare è che questi primi comportamenti iniziali diventano sempre di più e, se nelle prime fasi i familiari tutto sommato accettano queste richieste e non gli danno particolarmente peso, a un certo punto iniziano a rendersi conto che c’è qualcosa che probabilmente che non va. Ma da qui al momento in cui arriva la valanga purtroppo ci si trova che già le cose si sono rese esplicite e sono difficili da contrastare.
Ma cosa succede nella realtà, inizialmente, a una ragazza che si ammala di un disturbo alimentare?
- Una ragazza inizia a fare la richiesta di non utilizzare l’olio in cottura, ma per esempio cucinare cibi con l’olio a crudo e che questo venga condiviso dalla famiglia;
- poi però succede che questa ragazza inizia a dire che vorrebbe intensificare la sua attività fisica e, anche se magari faceva sport 1-2 volte a settimana, fa qualche esercizio in più perché sente che non le basta (e anche inizialmente questo tipo di comportamento viene visto come un comportamento sano, di cura di sé);
- da questa modalità (che può essere considerata alla soglia della normalità) quello che succede quando invece ci stiamo addentrando nel territorio del DA è che queste abitudini e i rituali aumentano a dismisura fino a quando quella persona, e quindi anche la sua famiglia, si trova travolta dalla malattia.
Perché tra l’altro è molto difficile percepire che un disturbo alimentare è tale, per la persona che ne soffre e quindi poi anche per i familiari?
Perché il DA non è vissuto come tale dalla persona che ne soffre, quindi come qualcosa che disturba o di sbagliato. Più avanti, pur riconoscendo una condizione di costrizione e delle conseguenze negative legate al sintomo, la paura di prendere distanza da esso resta molto forte. Il tentativo di “prendere a calci” il DA, che è quello che spesso poi la persona vive rispetto a chi cura e rispetto ai familiari che provano a dare un aiuto, aumenta la paura di essere schiacciati da questa massa nera (quindi chi cura e chi è vicino viene visto come un “aguzzino” che peggiora la situazione nella quale ci si trova). Il percorso che si fa con le famiglie, anche negli incontri di gruppo, e che deve guidarci anche nel nostro operato con persone che soffrono di un DA è avvicinarci a questo spazio sicuro, a questa persona che si sente travolta e schiacciata dalle sue ansie e dalle sue angosce e piano piano aiutarlo a sentire che può “mettersi in piedi”. Quello che cercheremo di fare con queste persone e questi pazienti è aiutarli a comprendere che gli aspetti di sofferenza, le emozioni che sono legate a delle esperienze negative per la persona si possono affrontare.
Cos’è importante sapere per avvicinarci a quella persona in quello spazio sicuro?
È fondamentale tenere in considerazione come le persone con disturbo alimentare vivono le relazioni con gli altri: le persone con DA hanno una ridotta capacità di leggere le espressioni facciali (specialmente quelle positive) e una maggiore attenzione al negativo. questa acquisizione è stata confermata da diversi studi: i professionisti, nello studio del 2012, mostravano delle fotografie che rappresentavano i volti di un individuo, e questi mimavano diverse emozioni attraverso le espressioni facciali. i è visto che mostrando queste immagini a persone con disturbo alimentare e a un gruppo di controllo:
- le persone con disturbo alimentare tendevano a riconoscere molto facilmente le espressioni facciali negative;
- le persone con disturbo alimentare tendevano ad attribuire una valenza negativa alle espressioni facciali di tipo neutro;
- le persone con disturbo alimentare attribuivano la neutralità alle espressioni facciali positive, con molta difficoltà comunque nel riconoscerle.
E questo come si spiega? Questo è spiegato dallo stato di allerta in cui la persona con un disturbo alimentare si trova. Avviene:
- sia per gli aspetti legati alla malnutrizione;
- sia per i rinforzi che si ricevono negativamente dall’ambiente esterno in quel tipo di condizione di malattia.
Funzionamento mentale nei DCA
- Problema di riconoscimento delle emozioni, che aumentano la sensibilità al rifiuto e quindi il vissuto di alienazione;
- problemi nella lettura della mente (*);
- ne consegue anche una sorta di irrigidimento della postura del corpo e problema nella comunicazione non verbale (difficoltà nel leggere una comunicazione non verbale da parte degli altri).
(*) Con lettura della mente s’intende quel meccanismo innato per cui negli individui umani, sin da piccolissimi, si inizia a comprendere come funziona l’interazione tra persone e quali “leggi” regolano l’interazione sociale.
Questo ci sarà fondamentale proprio per lavorare sulla nostra modalità d’interazione, perché se per esempio, come spesso capita ai familiari ma anche a volte a noi, ci si avvicina con la logica/il ragionamento si troverà poco spazio rispetto a una persona che in quel momento si trova in uno stato di “blocco mentale” (soprattutto la difficoltà di fiducia nei confronti degli altri è fortemente compromessa). Quindi starà alla nostra abilità e a quella dei familiari perché possano essere inclusi nella cura/possano essere vissuti come di supporto e di sostegno alla persona, lavorare su questo aspetto per mettere la persona con il DA nella condizione di potersi affidare.
Se noi pensiamo che una persona con disturbo alimentare guarirà dal suo disturbo perché capirà delle cose siamo fuori strada: il DA è un disturbo che coinvolge tantissimo le relazioni e gli aspetti sociali, che è mantenuto poi da tantissimi fattori anche interni alla persona. La persona con disturbo alimentare sarà più probabile che seguirà il trattamento/che si lascerà supportare dai familiari e dalle persone vicino a lei se si sentirà in un clima di fiducia e di comprensione (non perché con la logica l’abbiamo convinta che il nostro punto di vista è quello più giuso sulle cose). è nostra logica farlo, o almeno provarci.