
Come lavora un* dietista non prescrittiv*?
Spesso la domanda che mi viene posta è “ma se non si ha nessuna dieta che scandisce precisamente la giornata alimentare, allora su cosa possiamo lavorare?”
Come dietista non prescrittiva, il mio ruolo va ben oltre la semplice consulenza dietetica.




Non prescrittiv* significa scegliere di seguire le persone nel percorso di cura senza stilare piani alimentari, non confezionando una dieta che le obbliga a seguire determinate regole/schematicità alimentari e spostando l’attenzione su obiettivi diversi dal peso.
Spesso la domanda che mi viene posta è “ma se non si ha nessuna dieta che scandisce precisamente la giornata alimentare, allora su cosa possiamo lavorare?”
Come dietista non prescrittiva, il mio ruolo va ben oltre la semplice consulenza dietetica.
Un lavoro non prescrittivo è ben altro e include:
- l’accettazione del contesto in cui il singolo individuo si trova, senza giudizio;
- il riconoscimento dei bisogni dei pazienti che di volta in volta saranno differenti;
- l’Attività di Educazione Alimentare Positiva, che porta a individuare e soddisfare i bisogni autentici in termini di energia, ma anche di piacere;
- il raggiungimento della consapevolezza del ruolo che la cultura della dieta ha nella nostra società, e la demolizione di tutte le sue convinzioni, con funzione di guida verso un rapporto libero con cibo e corpo.
Questi quattro strumenti non sono gli uni indipendenti dall’altro, ma vengono usati sinergicamente nell’attività del professionista e costituiscono il fondamento del metodo.
Ma allora, se non si prescrivono diete, cosa si fa?
Si propongono percorsi di educazione alimentare che forniscano strumenti quotidiani, pratici e concreti, e che aiutino l’individuo ad autogestirsi, in piena autonomia, nel rispetto assoluto dei propri gusti, delle proprie esigenze e del proprio stato di salute.
E, nei casi in cui ci fosse bisogno di una prescrizione dettagliata di quantità di nutrienti e di comportamenti specifici, allora questo deve verificarsi con la maggiore aderenza possibile a quella situazione e a quella persona.
È una modalità di lavoro appagante, piena di spunti e di occasioni per approfondire, migliorarsi e aggiornarsi continuamente.
Un’idea di fare nutrizione sull’individuo e per l’individuo, partendo dalla letteratura e dalla conoscenza, trasferendo saperi in scienza, coscienza e rispetto per ogni bisogno e per ogni richiesta.
Significa quindi adottare un approccio fluido, rispettoso e inclusivo che pone i bisogni, i valori e le risorse della persona al centro di un percorso intrapreso insieme, per il raggiungimento di un benessere sostenibile e personalizzato.
È un approccio basato sulla gentilezza amorevole verso noi stessi, verso il modo in cui mangiamo, in cui ci guardiamo allo specchio, in cui muoviamo il nostro corpo, basato su dei pilastri concreti e una solida ricerca scientifica a supporto. E perché “gentilezza amorevole”?
Perché il cibo è molto più che nutrimento per il corpo: ogni individuo lega il suo cibo alla memoria, agli affetti, alle proprie esperienze, al proprio territorio, al proprio senso di gratificazione sensoriale (diverso, da un individuo all’altro) oltre che al proprio fabbisogno.
Questa è la strada che ogni giorno percorro con convinzione, certa che la prevenzione (sia primaria che secondaria), il supporto nutrizionale (sia in patologia che in fisiologia) e l’educazione alle buone pratiche debbano passare dallo studio continuo, dalla relazione e dall’ascolto, e non dalla mera e distaccata prescrizione di scelte e quantità “preconfezionate”.
Come professionisti della salute, si è qui per offrire sostegno, comprensione e guida durante un percorso che può essere complesso ed emotivamente intenso.
Il percorso verso una serenità alimentare è un lavoro in corso.
Ricordiamoci sempre che l’obiettivo non è solo un cambiamento temporaneo, ma una trasformazione positiva e sostenibile nella vita delle persone.
Siamo qui per camminare al fianco dei nostri pazienti, offrendo sostegno in ogni passo del percorso.
Fare scelte “salutari” significa curare i propri bisogni individuali, concentrandosi sulla cura del sé e non sull’autocontrollo e prestando attenzione alle esigenze del corpo e della mente.
Adeguatezza, equilibrio, varietà e individualità sono i quattro pilastri su cui possiamo fondare la nostra alimentazione gentile. Vediamoli insieme!
• Adeguatezza: dobbiamo mangiare abbastanza perché altrimenti il nostro corpo si concentrerà più sulla sopravvivenza che sul vivere appieno e, soprattutto, si stressa. Ciò può comportare una serie di conseguenze, come una digestione difficoltosa, un metabolismo che “non sa bene che deve fare”, infiammazione ed altro che può accadere nel caso in cui “manchi il carburante adeguato”;
• equilibrio: non consiste nel compensare i cibi “cattivi” con quelli “buoni”, ma significa incorporare tutti i macronutrienti essenziali poiché sono loro che svolgono ruoli unici ed essenziali per il nostro corpo. Questo equilibrio (che sta a noi trovarlo, attraverso un percorso di consapevolezza) ci fornirà i livelli di energia più “giusti” e, soprattutto, un’esperienza alimentare appagante. Non è una regola, ma una consapevolezza, un sentire che, se ci ascoltiamo bene, ci chiede anche il nostro corpo;
• varietà: la mentalità della dieta ci fa gravitare sempre sulle stesse cose, mentre con un approccio intuitivo è più facile essere creativi, sperimentare, godersi cibi che attirano la nostra curiosità;
• individualità: salute significa mangiare cose che ci fanno sentire bene. Abbiamo il diritto di assaporare i nostri piatti senza sensi di colpa o giudizio, onorare il nostro stomaco pieno rifiutando una seconda porzione oppure godercene un’ altra senza paure o pensieri.
Quindi qual è l’obiettivo di un percorso centralizzato sulla salute e sul benessere?
È quello di sviluppare una comprensione sugli alimenti e i nutrienti che ci permetteranno di ottenere la massima soddisfazione fisica e mentale dall’esperienza del cibo, una comprensione che non è solo tecnica ma, appunto, esperienziale, personale ed emotiva.



Nei percorsi nutrizionali non prescrittivi si va a ricercare tanto la gratificazione al momento del pasto: l’accento spesso è posto sulla soddisfazione e sul piacere del cibo.
Perché?
Per promuovere una relazione sana col cibo, incoraggiando la consapevolezza dei propri gusti e delle proprie preferenze senza vincoli rigidi.
✨ Non lasciarti scappare l’occasione di provare piacere tramite il cibo, che è poi uno dei più bei regali che tu ti possa fare.
E non perdere la possibilità di condividere questo momento con chi è vicino a te.
Scopri la soddisfazione che puoi ricevere dal cibo se mangi quello di cui hai davvero bisogno, nel rispetto del tuo per arrivare a comprendere quello che il tuo corpo sempre cerca di comunicarti.
Mangiare cibi buoni e soddisfacenti è il modo migliore per sentirsi appagati.
Ricorda che la gratificazione nel cibo va oltre il semplice gusto: coinvolge i tuoi sensi, le tue emozioni e il contesto in cui mangi ❣️
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